Riforma fiscale dei tributi locali: oggi in Conferenza Unificata arriva il decreto, ad essa dedicato, per il confronto politico con i diretti interessati, ossia Regioni ed enti locali.
Presidenti e sindaci hanno espresso il loro giudizio che continua ad essere distaccato circa il federalismo fiscale.
Il federalismo fiscale è scritto in Costituzione dal 2001 ma stenta a mostrare risvolti pratici.
Il provvedimento approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri è quello del 9 maggio scorso.
Da allora non si sono fatti passi in avanti.
Infatti, le Camere avrebbero dovuto esprimere il proprio parere entro il 18 luglio prima di rimandare il testo a Palazzo Chigi per il via libera definitivo, ma ciò non è avvenuto.
Finora i Comuni e agli altri enti territoriali possono introdurre sanatorie per i propri tributi in autonomia, senza attendere le rottamazioni nazionali.
Qual è il punto critico della riforma fiscale?
Il punto critico della riforma fiscale riguarda le compartecipazioni all’Irpef.
In un ordinamento federalista, infatti, i trasferimenti statali andrebbero sostituiti con una entrata alternativa: una fetta di tributi erariali girata ai territori.
In particolare, il testo del decreto assegna:
- alle Regioni una quota dell’Irpef statale per sostituire i fondi nazionali sul trasporto pubblico e parte della scuola,
- a Province e Comuni un’altra compartecipazione in campo dell’imposta sull’Rc Auto.
Questa soluzione, però, non piace ai presidenti di Regione, che vorrebbero sostituire con l’Irpef tutti i trasferimenti (10,3 miliardi invece dei 5,9 previsti dal decreto).
Il rifiuto dei Comuni, invece, è dovuto al timore di perdere le quote degli attuali trasferimenti che le Regioni girano ai sindaci per le funzioni fondamentali degli enti locali.
Di conseguenza, oggi i presidenti chiederanno di fiscalizzare tutti i trasferimenti e di vedersi assegnata anche una parte degli aumenti di gettito determinati dalla crescita futura dell’Irpef.
Fonte: Ntplusentilocaliedilizia del 30/07/2025
Autore: Gianni Trovati