Decreto legge Pa: questa mattina in Senato si concluderà l’iter per la sua conversione in legge.
Il provvedimento prevede:
- gli aumenti di stipendio, sicuri per i ministeri e la presidenza del consiglio e, invece, da stabilire caso per caso negli enti locali;
- nuove regole su concorsi pubblici e mobilità.
Per i dipendenti pubblici, gli aumenti di stipendio poggiano sul rifinanziamento dei fondi per il salario accessorio.
Tali fondi finanziano le quote aggiuntive in busta paga rispetto al “tabellare” di base.
Per i ministeri gli aumenti di stipendio arrivano a 183 milioni di euro.
Invece, per la presidenza del consiglio vengono stanziati 7 milioni.
Per gli enti locali, al fine di non far saltare i conti, il fondo accessorio può essere aumentato fino a portarlo, sommato alle risorse per le elevate qualificazioni, al 48% della spesa sostenuta nel 2023 per i tabellari del personale non dirigente.
Potenzialmente, il meccanismo prevede fino a 1,8 miliardi, cioè circa 300 euro lordi al mese per dipendente.
I risvolti pratici di tale meccanismo dipenderanno, tuttavia, dalle scelte e dalle possibilità di ogni amministrazione.
Persiste l’obbligo di continuare a garantire il rispetto degli equilibri pluriennali di bilancio certificati dai revisori.
Cosa dispongono, inoltre, le nuove regole del decreto Pa?
Le nuove regole del decreto Pa impongono di destinare almeno il 15% delle capacità assunzionali alla mobilità volontaria.
Tali regole entreranno in vigore a partire dal 2026.
Inoltre, dovranno essere utilizzate negli enti che hanno più di 50 dipendenti in servizio e che programmano almeno 10 assunzioni nell’anno.
Il calcolo deve essere effettuato sulle assunzioni programmate.
Circa le disposizioni sui concorsi e lo scorrimento delle graduatorie:
- viene estesa a tre anni la durata delle graduatorie in tutti gli enti locali,
- le amministrazioni devono rendere più trasparenti le graduatorie,
- non vi è più il divieto di bandire nuovi concorsi in presenza di graduatorie valide dello stesso ente,
- nello scorrimento delle graduatorie l’ente che ha indetto le procedure deve comunicare i nominativi o la posizione dei candidati che possono essere assunti da altre amministrazioni.
Invece, in materia di conflitto di interessi, di inconferibilità e di incandidabilità, le disposizioni prevedono che coloro che fanno parte di organi che assumono decisioni sui privati non potranno avere contratti di lavoro subordinato, consulenza o collaborazione con tali soggetti e con le società da essi controllate.
Agli amministratori di enti dissestati, che hanno adottato un piano di riequilibrio approvato dalla Corte dei Conti, non si applica la sanzione del divieto di candidabilità per 10 anni.
Infine, le cause di inconferibilità previste per gli amministratori regionali e di comuni con oltre 15mila abitanti riguardano gli incarichi dirigenziali conferiti con assunzioni a tempo determinato (ex art. 19, co. 6, del D.Lgs. n. 165/2001 o ex art. 110, co. 1, Tuel) e non si applicano ai dirigenti di ruolo della Pa o dell’ente che conferisce l’incarico.
Fonte: Ntplusentilocaliedilizia del 07/05/2025
Autore: Gianni Trovati e Arturo Bianco