PagoPa
Contabilità Enti Locali

PagoPa, il nodo dei costi per l’archivio delle ricevute

La diffusione capillare di PagoPa ha fatto sorgere la questione relativa ai costi di conservazione delle ricevute di pagamento sulla piattaforma dei pagamenti elettronici.

La Piattaforma dei pagamenti elettronici rientra tra gli obiettivi strategici finanziati dal Pnrr nella Missione 1, Componente 1, dedicata alla digitalizzazione della Pa.

Il forte incremento nell’utilizzo della Piattaforma ha determinato:

  • l’aumento del numero delle transazioni;
  • il miglioramento delle performance di riscossione;
  • l’incremento dei costi di gestione.

In particolare, i costi di gestione si articolano in due principali categorie:

  • commissioni per i cittadini;
  • spese correnti di mantenimento per l’ente.

Quali sono i costi derivanti dall’utilizzo di PagoPa?

Prima di tutto, l’utilizzo di PagoPa determina l’applicazione delle commissioni.

Queste variano a seconda del:

  • prestatore di servizi di pagamento (Psp);
  • canale utilizzato.

Di solito, per i pagamenti digitali, però, le commissioni sono inferiori rispetto ai canali fisici.

Nello specifico, la commissione per ogni transazione può variare da un minimo di 0,5 a un massimo di oltre 3 euro.

L’importo della commissione varia in base:

  • al canale utilizzato (app Io, home banking, sportello, eccetera);
  • all’importo del pagamento;
  • al metodo di pagamento (carta, bonifico e così via).

Ogni ente locale dovrebbe contenere, quanto più possibile, questi costi, soprattutto quando le somme da pagare sono minime.

Tutto ciò per non vanificare i benefici dell’utilizzo della piattaforma.

È necessario segnalare, invece, l’assenza di chiarezza in tema di conservazione delle ricevute di pagamento sulla piattaforma.

In primo luogo, gli articoli 43 e 44 del D.Lgs. n. 82/2005 stabiliscono che i documenti informatici (tra cui le ricevute telematiche dei pagamenti,) devono essere conservati in modo da garantirne:

  • autenticità;
  • integrità;
  • leggibilità;
  • reperibilità nel tempo.

L’art. 4 del Dpcm 3 dicembre 2013 elenca, inoltre, gli oggetti della conservazione, ossia:

  • i documenti informatici;
  • le aggregazioni documentali (ad esempio fascicoli e serie);
  • i pacchetti di versamento, che includono anche le ricevute dei pagamenti elettronici.

Per saperne di più su questo e altri argomenti consulta gli articoli che trovi qui

Fonte: Il Sole 24 Ore n. 206 del 28/07/2025 pag. 27
Autore: Daniela Ghiandoni

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