fondo di solidarietà
Contabilità Enti Locali

Fondo di solidarietà da rifare

Il fondo di solidarietà comunale è da rifare perché l’intesa sulle spettanze rischia di penalizzare gli enti che dovrebbero avere più soldi.

L’accordo raggiunto la settimana scorsa in Conferenza Stato-Città e autonomie locali consentirà agli enti di conoscere le assegnazioni entro la fine dell’anno.

Si prospetta un finanziamento statale aggiuntivo di 56 milioni annui e di 310 milioni dal 2030.

Inoltre, aumenta la componente verticale di una perequazione, finora è stata quasi esclusivamente orizzontale in pieno contrasto con l’art. 119, co. 3, della Costituzione.

Tuttavia, l’intesa raggiunta sul riparto 2025 rischia di penalizzare gli enti che, in base alla Costituzione, dovrebbero ricevere più risorse.

La ripartizione del Fondo di solidarietà comunale avviene sulla base di due parametri:

  • la spesa storica degli enti;
  • il differenziale fra fabbisogni standard e capacità fiscali, ossia, quanto occorre garantire ad ogni ente per salvaguardare le funzioni fondamentali e quanto ogni ente è in grado di reperire dalla propria fiscalità.

Finora, l’unico parametro considerato nelle trattative è stato la distanza fra le risorse storiche e quelle assegnate in base alla componente perequativa.

Tuttavia, lo Stato dovrebbe finanziare interamente il Fondo e solo i territori con minore capacità fiscale per abitante dovrebbero riceverlo.

Attualmente, invece, com’è finanziato il Fondo di solidarietà comunale?

Il Fondo di solidarietà comunale oggi è finanziato in prevalenza dagli stessi Comuni.

La componente verticale viene utilizzata a beneficio degli enti maggiormente penalizzati dal peso crescente della componente perequativa.

Di conseguenza, l’Anci pone l’accento sulla necessità di una radicale revisione dell’intero meccanismo, concepito circa 15 anni fa.

Il restyling, però, dovrebbe andare nella direzione opposta a quella finora seguita:

  • alleggerendo, fino ad azzerarlo, il peso della componente storica,
  • spostando il peso della quota perequativa sul bilancio dello Stato.

Il risultato dovrebbe essere un fondo più piccolo ma interamente finanziato dal bilancio statale e devoluto ai soli enti più poveri.

Anche gli enti ricchi ne trarrebbero benefici.

Infatti si attenuerebbe il fenomeno degli enti con Fsc negativo che oggi devono contribuire due volte: prima con la trattenuta base all’Imu e poi con un’ulteriore decurtazione definita in sede di riparto.

Il tutto presuppone che lo Stato si faccia carico del costo che oggi grava sui Comuni.

Però, questa operazione ha un costo politico che nessun Governo sembra disposto a pagare.

Per saperne di più su questo e altri argomenti consulta gli articoli che trovi qui

Fonte: Italia Oggi n. 288 del 06/12/2024 pag. 35
Autore: Matteo Barbero

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